Aboliamo gli auguri
Caro 2007, va tutto bene. Conviene abolire gli auguri per mancanza di necessità. Da molti anni si vive una tale escalation di felicità civile che appare inutile, se non addirittura iettatorio, immaginare cambiamenti. La mania di perseguire nuovi traguardi viene a sproposito quando la perfezione è ormai acquisita.
Gli intelligentissimi, i lustrini, l’informazione puntuale e plurale coprono la diffusione televisiva da mane a sera. È meglio che non si modifichi la sontuosa e sostanziosa parte catodico-passiva della nostra vita.
Se la fase uno di ogni idea o campo d’azione è ottimale, non c’è bisogno di fasi due. Ci sono sufficienti tasse da pagare e sufficienti evasori. Tutti i doveri e tutti i diritti si bilanciano così bene che quasi si confondono, si annullano, svaniscono, togliendoci dall’impaccio di doverli riconoscere.
Le parole dette e stampate in privato e in pubblico sono così urlate che nessuno può sostenere di non essere stato raggiunto dal messaggio e se inducono sbadigli, niente di male. Si sarà prodotto un risparmio, socialmente benvenuto, sulle benzodiazepine.
Per quanto riguarda l’istruzione, tutto è già previsto. Come sempre, secondo una esperienza consolidata, la formula dell’esame di maturità anche l’anno prossimo cambierà.
Tutto a posto. Quale miglioramento pretendere per i cosiddetti giovani? È ben noto che non vi è tutta questa urgenza per il loro inserimento. Ci sono pur sempre i cosiddetti vecchi che, indipendentemente da acciacchi, menomazioni e aggiustature, mantengono la loro validità in politica, spettacolo, giornalismo, finanza, potere in senso lato. Qualcuno afferma addirittura che quel profumino di stantio che emanano sia patrimonio anche per le future generazioni.
Quando una società è in crisi, diventa fondamentale investire in ricerca. Siccome l’Italia non investe in ricerca, vuol dire che non è in crisi. Un assioma che è una garanzia.
La morte. Anche quella sventura è stata risolta. Ognuno può giocarsela come vuole. Intendo la propria e quella degli altri. Tutti possono esprimere azioni e pareri in proposito. Non è vietato, ma conveniente e corretto. Abbiamo imparato a fare distinguo di bene e male su eutanasia, condanna a morte, vittime, carnefici. In fondo è vero. Ogni morto e ogni facitore di morte hanno effettivamente le proprie ragioni. Perché non riconoscerle? Non sarà per quel sottilissimo filo di strumentalizzazione che si dovrà rinunciare alla potentissima lusinga di potersi schierare. Se ci pensiamo bene, questa è la descrizione della libertà.
Caro 2007, mi correggo. Aboliti gli auguri per mancanza di speranza.
La Stampa, n.335 31.12.06
Caro 2007, va tutto bene. Conviene abolire gli auguri per mancanza di necessità. Da molti anni si vive una tale escalation di felicità civile che appare inutile, se non addirittura iettatorio, immaginare cambiamenti. La mania di perseguire nuovi traguardi viene a sproposito quando la perfezione è ormai acquisita.
Gli intelligentissimi, i lustrini, l’informazione puntuale e plurale coprono la diffusione televisiva da mane a sera. È meglio che non si modifichi la sontuosa e sostanziosa parte catodico-passiva della nostra vita.
Se la fase uno di ogni idea o campo d’azione è ottimale, non c’è bisogno di fasi due. Ci sono sufficienti tasse da pagare e sufficienti evasori. Tutti i doveri e tutti i diritti si bilanciano così bene che quasi si confondono, si annullano, svaniscono, togliendoci dall’impaccio di doverli riconoscere.
Le parole dette e stampate in privato e in pubblico sono così urlate che nessuno può sostenere di non essere stato raggiunto dal messaggio e se inducono sbadigli, niente di male. Si sarà prodotto un risparmio, socialmente benvenuto, sulle benzodiazepine.
Per quanto riguarda l’istruzione, tutto è già previsto. Come sempre, secondo una esperienza consolidata, la formula dell’esame di maturità anche l’anno prossimo cambierà.
Tutto a posto. Quale miglioramento pretendere per i cosiddetti giovani? È ben noto che non vi è tutta questa urgenza per il loro inserimento. Ci sono pur sempre i cosiddetti vecchi che, indipendentemente da acciacchi, menomazioni e aggiustature, mantengono la loro validità in politica, spettacolo, giornalismo, finanza, potere in senso lato. Qualcuno afferma addirittura che quel profumino di stantio che emanano sia patrimonio anche per le future generazioni.
Quando una società è in crisi, diventa fondamentale investire in ricerca. Siccome l’Italia non investe in ricerca, vuol dire che non è in crisi. Un assioma che è una garanzia.
La morte. Anche quella sventura è stata risolta. Ognuno può giocarsela come vuole. Intendo la propria e quella degli altri. Tutti possono esprimere azioni e pareri in proposito. Non è vietato, ma conveniente e corretto. Abbiamo imparato a fare distinguo di bene e male su eutanasia, condanna a morte, vittime, carnefici. In fondo è vero. Ogni morto e ogni facitore di morte hanno effettivamente le proprie ragioni. Perché non riconoscerle? Non sarà per quel sottilissimo filo di strumentalizzazione che si dovrà rinunciare alla potentissima lusinga di potersi schierare. Se ci pensiamo bene, questa è la descrizione della libertà.
Caro 2007, mi correggo. Aboliti gli auguri per mancanza di speranza.
La Stampa, n.335 31.12.06
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